Literary critics and culture reporters in Italy such as Danilo Taino, Fabio Deotto and Bruno Arpaia are now interested in cli-fi, too. BRAVO!
Photo of LA REPUBBLICA news article in ITALIAN by Bruno Aripai via Kitty Rock on Facebook Page - https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1651703325072487&set=gm.538877582932107&type=1&theater
Article appeared in Repubblica newspaper's book section, in Italian, translation coming soon. Thanks to Kitty Rock for the heads up on this article and link!
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Era il 2007 quando la climate fiction ha fatto ufficialmente il suo ingresso nel mondo.
La definizione l'ha inventata lo scrittore e giornalista nordamericano Dan Bloom per descrivere un sottogenere della fantascienza che si occupava di raccontare le possibili conseguenze del cambiamento climatico, i mondi in cui potremmo ritrovarci se la temperatura del pianeta salisse di tre o quattro gradi o se i mari si innalzassero più di quanto ipotizzano le ottimistiche previsioni degli esperti dell'Ipcc, il Gruppo intergovernativo dell'Onu.
Così, per analogia con la sci-fi, l'abbreviazione inglese della science fiction, è nata la cli-fi. Poi, quando la scrittrice canadese Margaret Atwood ha rituittato la nuova definizione ai suoi 500 mila followers, le case editrici hanno iniziato a occuparsi della climate fiction come di un fenomeno con dignità propria, sempre più autori hanno cominciato a scrivere romanzi in questo solco, mentre in America e in Europa sono nati corsi universitari e progetti di ricerca dedicati al suo studio. Oggi, ormai completamente emancipata dalla fantascienza, la cli-fi può vantare un frequentatissimo hashtag su Twitter, due liste create dai lettori su Goodreads e parecchi gruppi su Facebook. In questo senso, è un fenomeno letterario completamente attuale, diventato un genere a sé stante grazie ai social network.
Naturalmente, la cli-fi non nasce dal nulla. Jules Verne non lo sapeva, ma molti suoi libri appartengono a pieno titolo al genere. E ovviamente James G. Ballard ne è il vero antesignano novecentesco.
Oggi, fra i "grandi nomi" che a volte scrivono cli-fi, ci sono Margaret Atwood e lo Ian McEwan di
Solar , ma una ricerca sulla climate fiction su Amazon restituisce quasi 1.400 titoli già pubblicati. Nemmeno il cinema e la serie televisive sono estranee all'ascesa del genere: basti pensare al mondo affamato e sferzato dalle tempeste di polvere della prima parte di Interstellar , o a Wall-E della Disney-
Pixar, o perfino a certi episodi di Game of Thrones . Intanto, la Hbo sta trasformando in una serie la trilogia di MaddAddam della Atwood, pubblicata in Italia da Ponte alle Grazie.
Insomma, il successo del genere è enorme e, dicono le case editrici nordamericane, è ancora più rilevante tra il pubblico dei più giovani, i cosiddetti young adult. Restano da capire le ragioni di questo boom. Forse, se la bomba atomica è stata la grande paura globale del Novecento, il cambiamento climatico è quella del XXI secolo. Tutti ne parlano, molti lo temono vagamente, alcuni ne diffidano, altri si stringono nelle spalle, pochissimi si prendono la briga di costruirsi un'opinione ragionata sull'argomento.
Il problema è che il dibattito scientifico sul riscaldamento globale è difficile da seguire, anche a causa dell'estrema incertezza, perfino fra gli scienziati, sulle reali conseguenze delle attività umane sul clima terrestre. Così, molto spesso, notizie davvero sconvolgenti per il futuro nostro o dei nostri figli suscitano appena un brivido di timore e vengono immediatamente dimenticate. La cli-fi, invece, ci offre l'opportunità di saperne di più attivando la parte emozionale di noi stessi. "Vivere" attraverso un romanzo l'innalzamento del livello del mare a New York, oppure partecipare con i protagonisti di un racconto a una tragica migrazione climatica in una Germania desertificata, ci colpisce dritto al cuore e ci immerge nelle complesse questioni scientifiche che sono alla base degli avvenimenti narrati, dalla quantità massima di anidride carbonica "tollerabile" nell'atmosfera al metano contenuto nel permafrost, dal tasso di scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia a quello di acidità dei mari. Senza trascurare il rovinoso impatto dei mutamenti climatici sulla società, sull'economia, sulla politica mondiali: migrazioni, guerre per l'acqua, approfondimento delle diffe-renze economiche, democrazie traballanti, e via di questo passo.
È il grande potere delle storie, il modo più efficace che l'umanità abbia inventato per trasmettere esperienza.
Ma non basta. Rispetto alle distopie di gran parte della fantascienza tradizionale, quelle raccontate dalla climate fiction sono spesso ambientate in un futuro più prossimo e molto più legato alla realtà contemporanea. Margaret Atwood, sempre lei, ha detto che, in fondo, si tratta di speculative fiction, di romanzi speculativi, congetturali, che offrono al lettore una visione di ciò che potrebbe accadere qui, sul nostro pianeta, o addirittura di ciò che sta già accadendo, sebbene in molti non se ne accorgano.
Un'altra differenza importante rispetto alla fantascienza è che gli scenari immaginati dalla cli-fi derivano spesso da un attento studio della produzione scientifica sull'argomento, senza indulgenti concessioni "apocalittiche". Come ha di recente spiegato lo scrittore Fabio Deotto, «immaginare un mondo futuro è relativamente facile; immaginarne uno plausibile richiede preparazione; immaginarne uno che sia addirittura probabile, invece, richiede un ostinato lavoro di ricerca». Naturalmente, aggiungiamo noi, bisogna essere capaci di trasformare queste acquisizioni scientifiche in visioni, inserendole poi in un intreccio avvincente, con personaggi credibili, e cercando al tempo stesso di essere comprensibili, ma senza rinunciare alla complessità. Per nulla facile.
E tuttavia, almeno negli Stati Uniti, finora sono in molti a esserci riusciti. Qualche nome? Karl Taro Greenfeld, T. C. Boyle, Paolo Bacigalupi, Sarah Crossan, Jeff Vandermeer o Karen Traviss. Tanto che recentemente la rivista The Athlantic magazine (by JK Ullrich) si è addirittura chiesta se i romanzi appartenenti al genere della climate fiction riusciranno a salvare il pianeta, sensibilizzando finalmente le grandi masse e gli uomini politici ai problemi del cambiamento climatico.
Certo, l'eventualità di un mondo affamato, assetato e sconvolto dalla violenza non è attraente. Eppure, a questo punto, è altamente probabile. La conferenza di Copenaghen del 2009 ha invitato i paesi partecipanti a mantenere l'aumento della temperatura globale sotto i due gradi centigradi.
Verosimilmente, non si riuscirà neppure a rispettare quel limite. Nel frattempo, molti scienziati sostengono che anche quella soglia è insufficiente e che, nel caso che non vengano prese misure adeguate, avremo un rialzo della temperatura media del pianeta di sei gradi e un innalzamento del livello dei mari di dodici metri per il 2100. Potrebbe essere una catastrofe se, come sta ripetendo Obama, non si farà subito qualcosa. Ma lui è un'eccezione, non deve essere rieletto.
Per quasi tutti gli altri politici, il cambiamento climatico è una storia a cui si preferisce non prestare attenzione: i provvedimenti sarebbero troppo impopolari e farebbero perdere le prossime elezioni ad Afragola o a Casalpusterlengo. Forse la climate fiction potrebbe dare una scossa. Forse "vivere", grazie ai romanzi, nei terribili mondi possibili in agguato dietro l'angolo potrebbe davvero aiutarci a evitarli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
by Bruno Arpaia
INFORMAL UNOFFICIAL: GOOGLE TRANSLATION:
It was 2007 when the climate fiction has made officially into the world. The definition has invented the writer and journalist north american Dan Bloom to describe a subgenus of science fiction that is occupied to tell of the possible consequences of climate change, worlds in which we could end up if the temperature of the planet rise of three or four degrees or if the seas innalzassero more than speculate the optimistic predictions of the experts of the IPCC, the intergovernmental group of the UN. So, by analogy with the sci-fi, the abbreviation of the science fiction, was born the cli-fi. Then, when the Canadian writer Margaret Atwood has rituittato the new definition to its 500 thousand followers, publishers have begun to deal with the climate fiction as a phenomenon with proper dignity, always more authors began writing novels in this furrow, while in America and Europe are born university courses and research projects dedicated to its study. Today, now completely emancipated from sci-fi, the cli-fi can boast a highly frequented hashtag on Twitter, two lists created by readers on Goodreads and several groups on Facebook. In this sense, is a literary phenomenon completely current, has become a genre in itself thanks to the social network.
Of course, the cli-fi is not born from nothing. Jules Verne didn't know, but many of his books belong to full title to the genre. And of course James G. Ballard nor is it the true forerunner twentieth century. Today, among the "big names" that sometimes write cli-fi, there are Margaret Atwood and Ian McEwan of
Solar , but a search on climate fiction on Amazon returns almost 1,400 titles already published. Even the cinema and television series are extraneous to the rise of the genre: just think of the world hungry and so battered by the storms of dust of the first part of sharp and diffuse absorption bands , or Wall-E of the Disney-
Pixar, or even a certain episodes of Game of Thrones . Meanwhile, Hbo is transforming into a series the trilogy of MaddAddam of Atwood, published in Italy by Ponte alle Grazie.
In short, the success of the genre is enormous - and they say the publishing houses north american, and still more important among the public for the very young, the so-called young adult. We still have to understand the reasons of this boom. Perhaps, if the atomic bomb was the great fear global of the Twentieth Century, climate change and that of the twenty-first century. Everyone is talking about, many fear him vaguely, some of them are wary, others are rallying in the shoulders, very few take the trouble to build a reasoned opinion on the subject. The problem is that the scientific debate on global warming is difficult to follow, but also because of the extreme uncertainty, even among scientists, the real consequences of human activity on earth's climate. Thus, very often, news really astonishing for our future or our children inspire just a thrill of fear and are immediately forgotten. The cli-fi, on the other hand, offers us the opportunity to find out more by activating the emotional part of ourselves. "Live" through a novel the rise of the level of the sea in New York, or participate in with the protagonists of a story told by a tragic migration climate in a Germany desertificata, strikes us straight to the heart and immerses us in the complex scientific issues which are at the base of the events narrated, by the maximum amount of carbon dioxide "tolerable" in the atmosphere methane contained in permafrost, the rate of melting of the glaciers of Greenland to the acidity of the oceans. Without neglecting the disastrous impact of climate change on society, the economy, the political world: migrations, wars over water, depth of different-renze economic democracies, rickety, and track of this step. It is the great power of the stories, the most effective way that humanity has invented for transmitting experience.
It is the great power of the stories, the most effective way that humanity has invented for transmitting experience.
But it is not enough. With respect to the dystopias of most of traditional science fiction, the stories told by climate fiction are often positioned in a foreseeable future and much more linked to contemporary reality. Margaret Atwood, always her, he said that, at the bottom, this is speculative fiction, speculative fiction, speculative disclosures, which offer the reader a vision of what could happen here, on our planet, or even what is already happening, although in many are not aware.
Another important difference with respect to science fiction and that the scenarios imagined by the cli-fi often derive from a careful study of the scientific production on the subject, without forgiving concessions "apocalyptic". As recently explained the writer Fabio Deotto, "imagine a future world is relatively easy; expect a plausible requires preparation; imagine one that is even likely, on the other hand, requires an obstinate research work". Of course, we might add, you must be able to transform these scientific acquisitions in visions, inserting them then in a braid exciting, with credible characters, and are looking for at the same time, it is understandable, but without sacrificing complexity. For nothing easy.
And yet, at least in the United States, so far there are many to be managed. Name a few? Karl Taro Greenfeld, T. C. Boyle, Paolo Bacigalupi, Sarah Crossan who had died suddenly just Jeff Vandermeer or Karen Traviss. So much so that recently the magazine, The Athlantic magazine (by JK Ullrich) and even asked if the novels belonging to the genus of the climate fiction will be able to save the planet, raising awareness finally large masses and the politicians to the problems of climate change.
Certainly, the possibility of a world hungry, thirsty, and shocked by the violence is not attractive. And yet, at this point, it is highly likely. The Copenhagen conference in 2009 has invited the participating countries to maintain the global temperature increase under the two degrees centigrade.
Most likely, you will not meet that limit. In the meantime, many scientists argue that the threshold is insufficient and that, in the case that appropriate measures are not taken, we will have a rise in average temperature of the planet six degrees and a sea-level rise of twelve meters for the 2100. Could be a disaster if, as is repeating Obama will not be immediately something. But he is an exception, must not be re-elected.
For almost all other politicians, climate change is a different story and that you'd prefer not be careful: the measures would be too unpopular and would lose the next elections in Afragola or Casalpusterlengo. Perhaps the climate fiction could give a shock. Perhaps "live", thanks to the novels, in the terrible possible worlds lurking around the corner could really help us to avoid them.
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